La patologia dell’anca nello sportivo viene spesso sottovalutata, pensando che essa sia tipica dell’età avanzata o in presenza di artrosi.
Solo negli ultimi anni, grazie a nuove scoperte medico-scientifiche, questo tipo di problematica ha acquisito la giusta importanza: test clinici adeguati ed immagini strumentali specifiche consentono di raggiungere la diagnosi corretta. Inoltre, nuove tecniche chirurgiche e nuovi strumentari ne supportano un approccio chirurgico di tipo mininvasivo.
I sintomi
Il dolore articolare dell’anca, detto coxalgia, viene riferito solitamente in regione inguinale. Di fronte alla sua comparsa, è fondamentale innanzitutto capire se la sua origine sia realmente articolare o extrarticolare, e per fare questo occorrono una visita specialistica ortopedica e opportune indagini strumentali (radiografie, RMN, esami ematici, ecografie, etc).
La causa della coxalgia può essere traumatica o atraumatica: in realtà solo il 6% dei traumi sportivi coinvolge l’anca. La bassa percentuale del dolore legato ad eventi traumatici è dovuta all’anatomia di questa articolazione, che è espressione di stabilità e forza. Questo modello di stabilità, in maniera semplificata, si basa su una sfera posizionata in una semisfera più grande, che è rivolta antero-infero-lateralmente, inoltre diversi gruppi muscolari la circondano portandola a poter sorreggere fino a 6-8 volte il peso del corpo umano durante la deambulazione e la corsa. Essendo perciò un anello forte dell’arto inferiore, di solito sono solo i traumi ad alta energia ad interessarla (es. cadute dall’alto, incidenti ciclistici, motociclisti ed automobilistici).
Le cause
Le cause più frequenti di coxalgia, in assenza di trauma e nella popolazione sportiva sono il conflitto o impingement femoro-acetabolare (FAI), le patologie reumatiche e la displasia. Il FAI risulta una di quelle più ricorrenti perché alcuni tipi di attività fisica possono richiedere l’esecuzione ripetuta di gesti responsabili del conflitto, rendendo sintomatica una condizione che, in soggetti sedentari, potrebbe rimanere a lungo silente. Anche le attività lavorative cosiddette “pesanti” possono esasperare tale condizione di conflitto, che si manifesta con tutti i suoi sintomi. Al conflitto femoro-acetabolare di recente è stata riconosciuta la responsabilità di lesioni articolari irreversibili, tra cui la più famosa è la coxartrosi (ossia, l’artrosi dell’anca).
La degenerazione cartilaginea può essere quindi l’effetto del patologico conflitto che si crea tra la testa femorale e l’acetabolo. I tipi di FAI riconosciuti sono tre: il PINCER (immagine A), il CAM (immagine B) ed il tipo misto. Il PINCER è caratterizzato da un’alterazione di forma (coxa profunda) e/o di rotazione (retroversione) dell’acetabolo, la coppa che accoglie la testa femorale. Il CAM è rappresentato da un’alterata forma della testa femorale, che non è più sferica. Il tipo misto è la combinazione di entrambi. La cartilagine articolare non è purtroppo la sola struttura a poter essere danneggiata in presenza di FAI, frequentemente viene coinvolto anche il labbro acetabolare (il cosiddetto menisco dell’anca) ed il legamento rotondo, creando infiammazione della membrana sinoviale e della capsula articolare.
La diagnosi
La diagnosi di FAI viene formulata in base ad un’attenta anamnesi, uno specifico esame obiettivo e una diagnostica strumentale appropriata (RX bacino sotto carico + assiale delle anche e Risonanza Magnetica Nucleare del bacino). Generalmente il paziente riferisce limitazione dell’articolarità (soprattutto in flessione ed intrarotazione) ed il dolore può essere più o meno presente in base al livello del danno articolare. Per questo motivo la coxalgia in un paziente giovane e sportivo, deve essere considerata un campanello d’allarme di questa patologia.
Il trattamento
Trattandosi di pazienti sportivi o comunque attivi, l’eventuale trattamento chirurgico della deformità deve avvalersi della mininvasività, che in questo caso è rappresentata dall’artroscopia. L’ artroscopia dell’anca è una procedura che richiede strumentazione ed esperienza specifica: l’articolazione è profonda e serrata e lascia poco spazio di manovra, pertanto una conoscenza accurata dell’anatomia dell’articolazione e una pratica ripetuta della procedura sono pre-requisiti importanti per una buona riuscita dell’intervento. Sono utilizzati letti operatori che si avvalgono della trazione all’arto da operare, per creare sufficiente spazio per accedere e lavorare all’interno dell’articolazione. I portali, ovvero le vie d’accesso artroscopiche, vanno da 2 fino a 5, in base all’esperienza dell’artroscopista ed agli atti chirurgici da eseguire.
Le indicazioni specifiche all’artroscopia dell’anca sono: lesioni del labbro acetabolare, lesioni cartilaginee (OC), corpi mobili, sinoviti, patologie infettive, lesioni del legamento rotondo, esiti di Morbo di Perthes o di Epifisiolisi, FAI, os acetabolaris, osteofitosi post-traumatica, calcificazioni ed ossificazioni, anca a scatto “interna” ed “esterna”, borsite trocanterica o anche tendinopatie del medio e piccolo gluteo.
D’altra parte, le controindicazioni all’intervento sono rappresentate dall’artrosi di grado elevato, in cui l’artroscopia non apporta alcun giovamento al paziente, e la presenza di gravi comorbidità. La diagnosi precoce e le conseguenti strategie adottate consentono di rallentare il processo degenerativo dell’articolazione, migliorando la qualità di vita del paziente. La fisioterapia risulta fondamentale sia nel pre che nel post-operatorio, ma deve essere eseguita in centri specializzati e deve prevedere una parte di lavoro in acqua. La durata della Fisiokinesiterapia è strettamente correlata alle procedure effettuate durante l’intervento, richiedendo in ogni caso una grande costanza da parte del paziente.