La chirurgia di revisione di protesi d'anca è una procedura complessa che richiede un'attenta pianificazione preoperatoria, impianti e strumenti dedicati e un'eccellente padronanza delle diverse tecniche chirurgiche.
Le procedure chirurgiche possono essere differenti e allo stesso tempo, complementari:
- Rimozione delle componenti mobilizzate o usurate e, eventualmente, del cemento: che si tratti del cotile o dello stelo protesico, l'intervento espone al rischio della lesione dei componenti vascolo-nervosi o della frattura della diafisi femorale, nel qual caso si ricorre all'osteosintesi con cerchiaggi metallici, placche o viti. Se l'osso femorale è molto assottigliato o lo stelo protesico ha punti di ancoraggio all'osso estremamente saldi, è necessario eseguire un'osteotomia nell'osso femorale (finestra ossea) per estrarre più agevolmente la protesi o il cemento presente, evitando la rottura del femore. In tali casi si utilizza un nuovo stelo cementato, oppure uno "stelo da revisione", ossia più lungo del precedente per saldarsi nella porzione distale del femore, superando la parte dell'osso rovinata o indebolita dal precedente impianto.
- Correzione della perdita di sostanza ossea in caso di grosse perdite di sostanza ossea delle pareti dell'acetabolo: si possono inserire spessori in tantalio a forma di cunei, o gabbie metalliche che vengono fissati con viti, per evitare la migrazione della coppa nel bacino e garantirne la stabilità.
- Reimpianto di una nuova componente protesica: a seconda delle condizioni dell'osso, avviene tramite impianto cementato o non cementato (press-fit), con l'eventuale utilizzo di viti per fissare il cotile.
- Mobilizzazione settica protesica: richiede necessariamente l'espianto della protesi infetta e il reimpianto di una nuova, in un unico o (più frequente) in due tempi chirurgici. In quest'ultimo caso, tra i due interventi trascorrono circa 2-3 mesi durante i quali nella sede dell'articolazione è presente uno spaziatore di cemento antibiotato che ha il compito di bonificare i tessuti e di mantenere lo spazio destinato alla protesi definitiva, impedendo eccessivi accorciamenti dell’arto.
- Malattia da detriti: le protesi metallo-metallo complicate da reazioni avverse sono sottoposte a revisione con l'adozione di impianti con accoppiamenti ceramica-polietilene o ceramica-ceramica, dopo un'accurata pulizia chirurgica dell'ambiente articolare con asportazione dei tessuti reattivi e abbondanti lavaggi.
Come anticipato, nell'ambito del planning pre-operatorio si valuta accuratamente anche la via d'accesso che offra l'esposizione chirurgica migliore per affrontare le problematiche tecniche previste e impreviste in sede intra-operatoria. Non sempre la scelta si orienta sulla medesima utilizzata nel primo intervento, nonostante rappresenti un vantaggio sotto il profilo estetico: da un lato perché il chirurgo che affronta la revisione spesso non è lo stesso che ha eseguito il primo intervento, dall'altro perché lo induce a muoversi su un terreno anatomicamente complesso, per la presenza degli esiti cicatriziali del precedente intervento e, quindi, molto più insidioso.
Le vie d'accesso più frequentemente utilizzate sono quella postero-laterale e quella anteriore allargata. Nel primo caso si riprende quella del primo intervento, ma con estensione generalmente aumentata in senso prossimo-distale per lavorare più comodamente sulla porzione femorale nel caso in cui si debba sostituire lo stelo protesico, eseguendo finestre corticali o procedure di osteosintesi in caso di fratture periprotesiche. Con la via anteriore allargata, invece, si ha la possibilità di estendere l'incisione pregressa in senso distale o prossimale. Uno dei vantaggi principali di questa opzione è la posizione in decubito supino (anziché laterale) del paziente, che consente una maggior precisione nella misurazione della lunghezza degli arti, con l'intento di ridurre al minimo le spesso inevitabili differenze di lunghezza degli arti, oltre a una facilità di esecuzione del controllo radiografico intraoperatorio.